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16/9/18 - XXIV Domenica t.o. anno B


Se la vita è cammino nel tempo e nello spazio, è altamente probabile che i nostri passi si imbattano con il Dio camminatore sulle nostre contrade, anche quelle intorno a Cesarea di Filippo che è come dire luoghi e situazioni non preventivate. La domanda di Cristo è in vista di una fiducia in Lui e in quanto rivela, oltre i riti, le convenzioni: che cosa ti ha detto la gente che hai incontrato su di me? L'insegnante di filosofia collega, quando frequentavo la scuola, confidava ai comuni allievi, dall'alto del suo sapere, che i contenuti della mia ora erano pio inganno per quanti non avevano il coraggio di un sano relativismo e nichilismo.
Si incontra di tutto e anche i tentativi ad arte, perfino nelle stesse famiglie, che l'incontro non sia decisivo per l'allineamento dei valori della vita. L'incontro con Cristo è come la droga, deve essere vissuto con modica quantità.
Ed invece la domanda di Cristo è diretta, personale, aperta alla reciprocità: ma tu che cosa dici di me? La risposta di Pietro rimane paradigmatica: Tu sei l'atteso, la speranza, il punto di arrivo e di ripartenza dell'umanità, il lievito del tempo della vita e l'attracco al per sempre di Dio sull'uomo.
Eppure anche Pietro dietro a questa risposta ineludibile ha delle riserve sul modo del realizzarsi di questa speranza: una travolgente vittoria e sbaragliamento della Croce, di ogni croce. La via di Gesù per sé e per noi è l'attraversare la prova, la Croce, aumentando la fede che la parola definitiva è di Dio che è vita, è di Cristo che è risurrezione. La mentalità dualista che perdura impedisce il trasmettere questa verità, incide su ogni dimensione educativa e alla fine rende inutile, superata la verità cristiana sulla vita e sulla morte, sulla verità e l'errore. Gesù si pone sulla linea insuperata di Isaia (prima lettura) e chiede a Pietro di ritornare al suo posto, dietro di Lui, Maestro ed esempio di come si vive e si muore.
A partire di qui (seconda lettura) Giacomo, l'Apostolo, convince i primi cristiani e non basta presumere o dire di avere la fede senza quell'operare che con il linguaggio della vita dimostra il non arrendersi, rassegnarsi, implodere di fronte alle prove perché abbiamo davanti agli occhi Cristo che ha vinto e ci insegna come esseri vincitori. "Con le mie opere ti dimostrerò di essere credente", senza attendere le statistiche, le maggioranze del credere o valutare, le inevitabili tentazioni di adeguarsi all'andazzo del "tutti pensano, fanno così". Ma dall'aver incontrato Cristo proprio come a Cesarea, là davanti alla voragine pensata come ingresso all'inferno, qui davanti ai buchi neri dell'esistenza che sembra divorino tutto, e aver detto e ripetere: "Tu sei il Cristo", e aver sentito dirci da Lui: e tu sei il continuatore di me perché non venga a mancare la riserva della speranza per l'uomo di tutti i tempi.

16/9/18

Letture: Is 50,5-9; Sal.114; Gc 2,14-18; Mc 8,27-35


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don Ezio Stermieri
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