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28/10/18 - XXX Domenica t.o. anno B


Viene quasi spontaneo all'ascolto del Vangelo odierno intravedere l'allegoria dell'uomo contemporaneo, vedere noi stessi, seduti lungo la strada della vita, divenuti ciechi nonostante il tanto progresso, la suggestionante continua informazione, valutazione, critica del momento presente, la continua offerta di miracoli per ringiovanire, arricchire, aver successo… Divenuti ciechi, accecati e anchilosati senza prospettive valide e credibili. Anche oggi è in cammino lungo la vicenda umana Gesù, i suoi discepoli e molta gente che non si è rassegnata e continua a cercare il modo di ritornare a vedere, a vederci!
Allora come oggi quella presenza, di Cristo, è ritenuta ininfluente sulla vicenda umana, personale o sociale, culturale e politica. Anzi, molti hanno sconfinato dalla laicità nel laicismo e rimproverano e minacciano e intimano il tacere se dalla coscienza dei primi passi della vita, se da qualche esperienza di dolore, se nel pieno di una gioia incontenibile sorge il grido: "Figlio di Davide, Gesù abbi pietà di me". Eppure l'aprirsi alla preghiera è prodromo all'incontro: "Chiamatelo". Siamo chiamati dal profondo della vita; incoraggiati a non spaventarci del limite che attraversa l'esistenza, ci è data la forza di risorgere, alzarci in piedi, di sbarazzarci del mantello che dice la nostra condizione servile.
"Che cosa vuoi che io faccia". È la domanda a cui molti di noi non hanno ancora dato risposta, nella speranza che la soluzione della strada da percorrere ci riservi soltanto diritti senza doveri di fedeltà, di coinvolgimento personale, di resistenza quando la strada si fa tortuosa e in salita. Ma se anche noi rispondiamo: "Che io veda di nuovo", proprio come mi è apparso chiaro in certi appuntamenti della vita dove Egli era presente, la Parola di Gesù: "Va', la tua fede ti ha salvato" spinge a guardare le cose in maniera affatto nuova perché Egli stesso è la novità della vita.
Il programma di viaggio si chiama Vangelo. Quello che Geremia racconta come sogno, utopia della vita personale e comunitaria diventa esperienza: "Io li riporterò, li condurrò per una strada diritta in cui non inciamperanno perché io sono un Padre…" (prima lettura).
Con l'incarnazione del Figlio, il desiderio dell'umanità di ritrovare la strada smarrita è divenuta realtà, come ci ricorda la lettera agli Ebrei: "Egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell'ignoranza e nell'errore, essendo anche lui rivestito di debolezza". È la grandezza del cristianesimo. Non una dottrina astratta, non una morale imposta, dei riti propiziatori intrisi di paura, l'annullarsi dell'uomo di fronte a Dio che stabilisce il male e il bene a suo capriccio ma Dio stesso sulla nostra strada, da un villaggio all'altro, attento al nostro grido e determinato a incontrarci per poterci vedere. Egli, che ha messo nella natura le leggi che con la scienza possiamo via via scoprire, nella storia la legge per costruire la pace, in ogni uomo la norma della fraternità… non ci rimprovera se colpevolmente, ciechi, non sappiamo più procedere verso il futuro. Pone una sola domanda: "Che cosa posso fare per te?". Perché sa che senza di Lui, essendo fatti a sua immagine, non possiamo vedere risposta.

28/10/18

Letture: Ger 31,7-9; Sal.125; Eb 5,1-6; Mc 10,46-52


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don Ezio Stermieri
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