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2/12/18 - I Domenica di Avvento anno C


Sulla soglia dell'Avvento e di un nuovo anno liturgico ci attende, per farci strada dietro a Gesù, l'evangelista Luca. Da lui, credente di quella seconda generazione che non ha visto Gesù, impareremo ad attenderlo come compimento della speranza di un popolo e dell'intera umanità di incontrare la salvezza, anzi il Salvatore. Egli ci guiderà con i pastori a Betlemme per contemplare il volto di carne di un Dio fatto Bambino per crescere con Lui. Sarà suo l'invito, riportando le parole del Signore, a prendere la nostra croce per seguirlo verso Gerusalemme e per la strada della vita saremo attratti dalla sua Parola, guariti dai suoi miracoli. Diventeremo suoi al banchetto della Pasqua e rigenerati dal suo Spirito prenderemo la strada della testimonianza con cuore universale. Ma oggi la pagina del Vangelo lucano ci pone nella prospettiva di fare della vita una attesa della venuta definitiva di Cristo: "Vegliate in ogni momento pregando perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell'uomo".
L'attesa ha tratti drammatici, diversi da quelli che caratterizzano il rivivere nel Natale i sentimenti della nostalgia, del desiderio, della gioia che viene dal sapere che Dio non delude le nostre speranze. Betlemme è lì testimone che Dio in Gesù si è rivelato, comunicato. È entrato nella nostra storia e geografia. Il presente di allora e di oggi teme il futuro, teme l'andar verso ed è tentato, ci avverte Gesù, di addormentarsi al di dentro dei sogni fatui della massa: ubriacature di ogni tipo; angosce per un ecosistema che si ribella: segni nel sole, fragore del mare, devastazioni per l'acqua; paura che blocca perfino il nascere alla vita, l'educare alla libertà e responsabilità, il rispetto del debole, la solidarietà con chi fatica. Tutto appare sconvolto. Ebbene, continua Gesù, questa analisi che sembra anticipare la catastrofe è il momento per alzare il capo: la vostra liberazione è vicina! Dove da soli non riusciamo ad autosalvarci, anzi affondiamo nelle sabbie mobili del presente, Egli viene, appare come orizzonte altro della vita personale e collettiva. È venuto e ha posto i presupposti del mondo nuovo; verrà ed in Lui saranno Cieli nuovi e Terra nuova; viene e ci dice l'unica parola che suona come risveglio, come chiamata, come un comando ad accorrere perché se la salvezza dell'uomo non viene dall'uomo ma da Dio, non si realizza senza il nostro mettere in pratica la sua parola: "Fate questo in memoria di me"! Per voi e per tutti! Questo vi comando: che vi amiate come io vi ho amati! Da questo conosceranno che siete miei discepoli! Tutto quanto avrete fatto al piccolo, l'avrete fatta a me! Il presente non è dunque per addormentarsi demandando ad altri la vita della polis, la cultura per i nostri ragazzi, le priorità del vivere sociale, l'attesa di una Chiesa che non offra salvezza a prezzo di scampoli ma rivesta ogni uomo, ogni età della dignità di figlio di Dio.
"Vegliate e pregate", ci ripete Gesù. Così come Geremia invitava a guardare i germogli della giustizia e della verità perché solo la cura dell'uomo li rende alberi. Così come Paolo esortava i primi cristiani: "Il Signore vi faccia crescere e sovrabbondare nell'amore fra di voi e verso tutti". Solo questo è l'humus per nuovi germogli, culla per il Germoglio, Gesù Cristo, che ridà vita al tronco di una umanità invecchiata, spaurita, sterile.

2/12/18

Letture: Ger 33,14-16; Sal.24; 1 Tes 3,12-4,2; Lc 21,25-38.34-36


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don Ezio Stermieri
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