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La domanda emergente dall'ascolto della Parola di Dio inerente il Natale, l'incarnarsi di Dio nel concreto della nostra quotidianità, alla fine è una sola: dove? Dove è avvenuto che il Dio delle galassie si sia chinato su questo minuscolo pianeta, sia divenuto uomo perché ogni uomo possa sentirsi amato più che scaraventato in un universo estraneo, salvato più che abbandonato alla propria materialità, somigliante a questo Dio di carne quando siamo capaci come Lui di gratuità, di dono, di perdono? Del resto se per incarnarsi non avesse scelto e noi non sapessimo "dove" ha preso avvio la nuova creazione, se non sapessimo quale è stato il luogo geografico, la nostra storia non sarebbe stata redenta. "E tu, Betlemme di Efrata, così piccola, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore, si leverà e pascerà con la forza del Signore". È tutta la storia di Israele che indica Betlemme, la Casa del Pane, come radice di un tempo nuovo, un'alleanza nuova, una pace raggiunta ed essendo Israele il prototipo di tutti i popoli, tutte le genti implicate nella benedizione di Abramo, Betlemme diventa anche per noi il puntino su cui puntare lo sguardo, tendere l'orecchio, far pulsare il cuore, concentrare le attese e le speranze.
Nella Notte Santa ascolteremo la narrazione del come il tutto sia avvenuto. Ma c'è un altro "dove". Il ventre di una donna, Maria, che Luca coglie nel cammino frettoloso della carità. Quel Bambino atteso e portato sulle distanze disagevoli del mondo reca con sé la gioia: "Ecco, appena il tuo saluto mi ha raggiunto – è Elisabetta che parla – il bambino (Giovanni!) ha sussultato di gioia nel mio grembo". Al "dove" si aggiunge così il "perché" di questa iniziativa premurosa, misericordiosa di Dio a nostro favore. Creati perché liberamente cercassimo la gioia del vivere e la trovassimo nell'acqua: fecondità, frescura, bellezza pulita che viene da Lui, ci siamo sporcati in acque fetide, ingannatrici, devastanti e ci stiamo convincendo di essere sotto il segno della maledizione. "Dentro covile o cuna è funesto a chi nasce il dì natale", canta il poeta. No. Il Dio che si è ritratto ed ha avuto sete della nostra sete ora si è estroverso. Ci attende al pozzo delle nostre seti. È venuto a dirci una sola cosa: se tu sapessi, se tu conoscessi il dono... e perché non avessimo paura nasce da donna, percorre tutta la vicenda di ciascuno. È venuto per essere con noi ogni giorno fino alla fine del mondo.
C'è ancora un "dove" dove Egli rinasce ogni giorno come riscatto e salvezza. È il Calvario dove l'essere venuto alla vita nostra dice il perché della sua vita: "Mediante quella volontà – dice la lettera agli Ebrei – siamo stati santificati per mezzo dell'offerta del Corpo di Cristo, una volta per sempre".
Egli dunque rinasce per noi ogni volta che noi entriamo a far parte di quell'unica volta in cui Egli è morto ed è risorto perché noi lo attendessimo, lo accogliessimo, lo seguissimo per aver da Lui la gioia che nasce dentro quando scopriamo che non il "caso" ma l'amore sta all'origine del nostro esserci, quando tra le tante chiacchiere ci invade la gioia del Vangelo, quando cercando la fisionomia di Lui la scopriamo sul volto di ogni uomo che ci diventa fratello, quando pensiamo che il nostro essere è legato al tempo, Egli è venuto per essere la nostra vita eterna. "Sono venuto – Egli ci dice – perché abbiate la vita, quella abbondante".
23/12/18
Letture: Mic 5,1-4; Sal.79; Eb 10,5-10; Lc 1,39-48