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6/1/19 - EPIFANIA DEL SIGNORE


Abbiamo or ora ascoltato Paolo, l'Apostolo: "Penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio… che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo". La parola Epifania, piena manifestazione del significato della nascita, della vita, morte e risurrezione di Gesù, illumina barriere che cadono, reticolati recisi, paure domate, e diventa chiamata ad una nuova umanità che pone il comune denominatore delle tante lingue, culture, religioni in una sola religiosità, in uno solo e riscoperto legame: la carne di Dio nato a Betlemme, il nostro essere di carne, spirito che cerca e trova in Lui, nel suo Vangelo, la comune eredità, lo stesso corpo, il comune destino: siamo figli di Dio.
Sorge allora spontanea la domanda se davvero abbiamo atteso, cercato Gesù. Se abbiamo gioito di essere perdonati per le nostre distanze e pigrizie. Se il nostro è stato un cammino interiore prima di tutto verso di Lui nel suo Natale o se abbiamo vissuto il nostro Natale come festa che poco ha a che dire con il perché della sua venuta. Se la risposta è affermativa – e non sarò certo io a dubitarne se non per me stesso – allora il racconto evangelico dei Magi, che dall'oriente si mettono in cammino preceduti dalla sua stella, interroga, indaga nella ricerca. I Magi sono presi da grandissima gioia nel trovarlo, gli offrono doni che svelano la sicurezza che la sua Persona è il valore prezioso come l'oro, la sua divinità richiede il nostro culto, la sua umanità è partecipazione, incarnazione della nostra fatica.
È, in una parola, la meta necessaria per ritornare per altra strada, la sua, alla nostra vita. Se è così, il rito semplice di scendere al nostro storico presepe dove ormai da generazioni si accede per vedere raffigurata la qualità del mondo che sogniamo, le strade diverse che si incontrano, la fede di Maria e Giuseppe che diventa nostra, l'annuncio degli Angeli che ci rassicurano contro ogni paura: il Cielo è aperto, in Gesù Dio ci ama, ci benedice, ci riconcilia, ci restituisce la gioia di dire con la vita: "Cristo ci è necessario!"… allora questo breve cammino ci metterà nel cuore una gioia capace di sciogliere ogni delusione, sconfitta, solitudine.
Isaia, interprete del sentimento profondo di ogni uomo, testimone di una speranza che Dio rinfocola nel popolo della Promessa, aveva visto lontano, quando non in astratto ma nel concreto di uno spazio, Gerusalemme, per dire ogni città della pace, dell'accoglienza, della solidarietà amica, aveva profetato: "Uno stuolo di cammelli ti invaderà… Tutti verranno portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore".
Questo il segreto di questo giorno che si chiama Epifania. Quanto da sola l'umanità non riesce a darsi pure erigendo alti palazzi delle nazioni, quanto una nazione non riesce a trovare per il contrapporsi litigioso delle varie fazioni, quanto neppure una famiglia riesce a regalarsi per l'insorgere degli inevitabili egoismi, quanto ognuno non concede neppure a se stesso tanto le tentazioni di adeguarsi al "così fan tutti" sono dirompenti, oggi ci è regalato se solo la nostra vita non dimentica di aver incontrato Lui, inconsciamente o consciamente cercato, atteso, trovato, gustato nel Pane e nel Vino della sua presenza. "Entrati, i Magi, nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono".
È tutto qui, ma è proprio tutto. Se all'inseguimento di qualcosa o qualcuno che dia felicità alziamo lo sguardo come i Magi: "Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima".

6/1/19

Letture: Is 60,1-6; Sal 71; Ef 3,2-3.5-6; Mt 2,1-12


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don Ezio Stermieri
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