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20/1/19 - II Domenica t.o. anno C


Se la celebrazione del Mistero dell'incarnazione con le sue "epifanie": Dio che si fa tutt'uno con il nostro essere di carne, si fa guida di un'unica storia di salvezza per tutti i popoli, avvia una Signoria nuova con un nuovo battesimo che ci fa cittadini del Regno di Dio, rivela che non siamo soli nella lotta di ogni giorno: Dio in Cristo ci è alleato, l'ascolto odierno della Parola mette al nuovo quadro della vita, al quotidiano ricamo, una cornice che dice la preziosità dell'icona della nostra esistenza: l'incarnazione segna le nozze di Dio con l'umanità.
È lo stesso brano evangelico or ora ascoltato a rivelarcelo. Il racconto storico va al di là della cronaca di un avvenimento successo a Cana. Giovanni dice che là è avvenuto il primo segno, meraviglia, miracolo. È il compimento del sesto giorno di cui le sei giare piene d'acqua diventano simbolo. Nel ricreare l'umanità nel giorno dell'uomo, il Messia, Cristo, Gesù parte da una unione d'amore e la sua presenza rende gioia la vita dell'uomo e della donna perché va al di là dell'istintività per scoprire l'amore, supera l'incertezza perché vi fa scorrere la fedeltà di Dio, lo preserva dalla frustrazione perché vi assicura la fecondità. Ma quello che diventa la realtà nel microcosmo di ogni famiglia ha la sua sorgente nel macrocosmo dell'umanità intera.
L'incarnazione è l'avverarsi del desiderio umano espresso da Isaia: "Per amore non tacerò". Sarai chiamata, dice Dio, lo sposo, all'umanità, la sposa, non più abbandonata ma "sposata". La tua terra avrà uno sposo. "Come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te". Se questo è il progetto Dio che incornicia tutta l'umanità in un per sempre d'amore, noi cristiani, nell'ascolto della Parola, impariamo la dinamica di questo avverarsi. Come l'Antico Popolo era chiamato ad essere segno di amore e benedizione per tutti i popoli ed Israele legge nel Cantico la sua storia, il suo divenire come un andare verso, un fidanzamento che conduce alle Nozze, noi cristiani scopriamo in Gesù lo Sposo (Egli stesso si definisce così!) e l'essere suo popolo come diventare tutt'uno con la sua missione perché, secondo il suo ordine, l'annuncio del Vangelo arrivi a tutta l'umanità.
Per questo, ricorda Paolo, il Risorto ci ha dato il suo Spirito, per questo lo Spirito raggiunge ciascuno con un particolare, unico dono per il bene comune: la famiglia umana. Per questo non si può far parte della sua famiglia, essere sua sposa, la Chiesa, e non collaborare responsabilmente perché ogni uomo si sappia amato, figlio, partecipe, redento e salvato. Abbiamo sentito la varietà e la ricchezza dei compiti che Cristo affida come Sposo alla sposa: tutte cose operate dall'unico e medesimo spirito. Lo stesso che vive poi nel Sacramento della famiglia, lo stesso che fa di ogni comunità cristiana una famiglia, la sposa che altro non fa che attendere, accogliere, gioire, soffrire con lo Sposo.
Portiamo le anfore con l'acqua che potrebbe annegare, far marcire ogni sogno o progetto di vita ed Egli che è la gioia darà frutto, sostanza, salvezza alla nostra vita. Per questo è venuto: per essere lo Sposo.

20/1/19

Letture: Is 62,1-5; Sal 95; 1 Cor 12,4-11; Gv 2,1-12


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don Ezio Stermieri
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