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3/2/19 - IV Domenica t.o. anno C


L'ascolto della Parola di questa domenica non può risolversi in un momento della liturgia che la Messa propone. Ci pone di fronte al Cristo che la nostra fede ci chiede di seguire nella piena luce della sua persona. E ci pone ad un bivio che esige una scelta, una opzione capace poi di indirizzare l'intera esistenza.
Da una parte Gesù di Nazareth incarna quanto Geremia (prima lettura) aveva intravisto insieme con tutta la profezia dell'antica alleanza. Colui che renderà storico il disegno di salvezza di Dio: conosciuto e dunque amato come Figlio, stabilito come profeta non più di un solo popolo ma delle nazioni. Colui che porterà a compimento tale progetto superando come uomo ogni paura e spavento per il prezzo da pagare, la stessa vita: "Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te". Non dunque uomo significativo come altri che la storia allinea ma Colui che rende visibile, sperimentabile l'amore di Dio, Dio stesso fatto linguaggio, comunicazione, reciprocità e perciò salvezza attraverso una strada impervia perché l'uomo sarà sempre tentato di renderlo marginale e addirittura sopprimerlo.
Dall'altra, lo dice Gesù stesso nella sinagoga di Nazareth: "In verità vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria", si tratta di mettersi al seguito di uno che, per rendere realizzata la salvezza che reca con la sua persona, sconvolge i piani, i mezzi che penseremmo adatti per uscire dalle ingiustizie, dalle menzogne, dalle prepotenze in cui versa la miseria umana: la forza che annienta l'avversario, il denaro che compra e annienta il nemico, la corruzione che inquina l'intelligenza, la presa di distanza che uccide il rapporto.
Diventare cristiani, ce lo dice il brano del Vangelo or ora ascoltato, supera il fermarsi all'idea che nel percorso della vita ci hanno indotto o ci siamo fatti; va oltre la selezione a nostra discrezione che possiamo farci di Gesù. È riconoscere, anzi è inoltrarci nel suo percorso, nella sua verità. Per questo non è sufficiente il poco catechismo dell'iniziazione cristiana per affrontare da giovani, da adulti, da anziani l'urto della vita con tutte le sue prove senza essere usciti dal bivio che riconduce Cristo su misura delle nostre idee ed esserci aperti alla pienezza della sua persona. Ce lo ha ricordato San Paolo: "Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo…". A questo punto si apre il cammino cristiano della vita come, dice l'Apostolo, desiderio intenso di mettere a frutto i talenti ricevuti da Dio, il bene che è in ciascuno per combattere il male. Se il male è diffusivo, lo è anche il bene. Ecco perché San Paolo parla della carità, l'amore di Dio in noi, come il solo che dirada, scioglie, allontana i tanti mali in cui siamo immersi. Non è moralismo pensare e dire che in ogni espressione della vita c'è bisogno di magnanimità, benevolenza, tenacia, pazienza perché è come Dio che si è rivelato e comunicato in Cristo e non c'è altra strada per redimere il mondo che mettersi dalla sua parte, seguirlo, divenire operatori di bene.
Non è che la strada sia facile. Più facile nella fede come nella vita afferrare ciò che ci piace, importa secondo la nostra ragione che, come Gesù, esporre, compromettere se stessi. Ma se la nostra generazione non vuole fare della Chiesa un'anticaglia del passato, ma una forza propulsiva del presente e del domani non c'è altra strada che non sia Cristo.

3/2/19

Letture: Ger 1,4-5.17-19; Sal 70; 1 Cor 12,31-13,13; Lc 4,21-30


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don Ezio Stermieri
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