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10/2/19 - V Domenica t.o. anno C


"E lasciarono tutto e lo seguirono". Così abbiamo appena ascoltato ma la cosa non è semplice. Sospendere il proprio modo di pensare frutto della propria esperienza, lasciare quel modo di voler bene così remunerativo per quel pizzico di ricatto, senso di colpa, vittimismo, lasciare le proprie abitudini, i propri pregiudizi, staccarci da qualcosa che mette in risalto le nostre capacità… per seguire Cristo, come condizione per rendere concreto il nostro fidarci di Lui.
Abbiamo ascoltato quanto avviene sulla barca di quei pescatori che presumevano di conoscere il proprio mestiere e il luogo dove pescare. Gesù li sorprende: "Gettate le reti". Pietro, il sincero, lo dichiara: "Abbiamo faticato tutta la notte". Ma è proprio qui che la vita di quei primi discepoli cambia rotta: "Ma sulla tua parola getterò le reti". Diventare "soci" di Gesù come "pescatori di uomini" (il vocabolo greco parla di un trarre dall'acqua inquinata per immergere in acqua salubre) non dipende dal nostro criterio così precipitoso nel constatare che tutto è inquinato, che fatta salva la sincerità sono infinite le verità, le morali, gli interessi, le necessità tanto da dichiarare inutile se non dannoso per il suo inserimento trarre da un ambiente inquinato il proprio figlio, distoglierlo dalla asfissia che lo circonda per farlo un consumatore di beni inutili. Senza senso aiutare una famiglia in difficoltà ad uscirne, un immigrato ad integrarsi, un anziano a sentirsi indispensabile negli affetti familiari, e potremmo elencare all'infinito, solo per dire che Cristo ci dice di calare le reti dove il nostro buon senso rimane stupito. Ma il cristiano è uno che non ascolta solo se stesso ponendo il limite del vero, del necessario nel proprio buon senso. Essere cristiani o, meglio, diventarlo è porsi in ascolto del Signore: "Prendi il largo, gettate le reti". E questo "finito di parlare" dopo averci raggiunto nel concreto del vissuto di ogni giorno. La sua venuta apre orizzonti, allarga vedute, cambia i giudizi, spinge verso dimensioni ignorate, sconosciute ma necessarie, di salvezza, per la nostra umanità.
Si tratta, allora, come Isaia di sapersi chiamati, di sentire una buona volta che tocca a me e non posso demandare, dichiarare inutile quanto la Parola del Vangelo mi indica come prioritario. Si tratta di decidersi: "Eccomi, manda me!". Fin quando nella Chiesa ci sentiremo come oggetto di una pastorale che ci stimola solo nella critica, nel disimpegno senza mai diventare soggetto interpellato a fare della propria vita un investimento nel bene, mai prenderemo il largo, voleremo in alto, e finiremo con il vederci polli di allevamento a terra.
Riascoltiamo Paolo. Quanta verità: "Vi rendo noto il Vangelo che vi ha evangelizzato", vi ha resi Vangelo, nel quale restate saldi, dal quale siete salvati se non lo rendete su misura dell'"io" individuale, dell'"io" ideologico, dell'"io" dell'interesse immediato. Se invece il Vangelo ci apre a Cristo e allarghiamo la vita sui suoi orizzonti che ci sono ben noti, la nostra vita non sarà stata una cosa inutile ma una pesca miracolosa.

10/2/19

Letture: Is 6,1-2.3-8; Sal 137; 1 Cor 15,1-11; Lc 5,1-11


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don Ezio Stermieri
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