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17/3/19 - II Domenica di Quaresima anno C


Anche questa seconda sosta del cammino quaresimale di conversione la viviamo al seguito di Gesù: "Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e salì sul monte a pregare". Dal deserto per essere con Gesù vincitori nella tentazione di fare a meno di Dio, al monte per vedere la vita dal suo punto di giudizio nella preghiera, nell'ascolto e dialogo con Lui. Non per nulla il monte, l'alto è stato fin dall'inizio, a Babele, il tentativo di fare a meno di Dio con la grande confusione e contrapposizione di linguaggi umani che ne è scaturita. In alto, con Cristo, come i discepoli vediamo come la storia (Mosè ed Elia) sia guidata da Dio nel suo civilizzarsi e nel suo ritorno, quando si cade nell'idolatria della mondanità, alla purezza del rapporto con Lui. In alto, lasciata la pianura con le sue nebbie che impediscono l'incontro e l'ascolto, udiamo la voce del Padre che ci esorta ad ascoltare il Figlio nel quale ciascuno è amato. Ancora. Sul monte vediamo la bellezza dello stare con Cristo. Anche noi vorremmo piantare quelle tende che anticipano la vita piena, quella eterna in cui saremo sempre con il Signore. In una parola vediamo trasfigurato, al di là, oltre quanto appare e constatiamo in una vita che non sempre ci appare bella, della quale, da soli, non comprendiamo il senso ultimo ma solo i piccoli, precari, frangibili scopi e "perché" le diamo. Certo, non siamo ancora sul Monte ma senza l'esperienza del legame (re-ligio) che ci lega a Dio non vediamo la ragione di convertirci a Lui, di seguire Colui che ci precede, anzi, il futuro da incerto, da soli, ci fa paura, ci tenta ad arretrare nella caverna del nostro "io", preferiamo il buio tastando quanto sembra rassicurarci, ma siamo senza quell'oltre, quel "trans" che ci attrae dal di dentro verso orizzonti nuovi di fraternità persa come abbiamo la paternità di Dio, l'alleanza con Cristo, lo Spirito del Vangelo.
Come Abramo (prima lettura) abbiamo bisogno della fiamma di Dio che unisce le tante cose della vita, congiunge in una alleanza eterna, l'"aldiqua" e l'aldilà il nostro essere umano da humus-terra al nostro essere somiglianza con Dio per il soffio di eternità che Egli ci ha messo nell'intimo dell'essere, il cuore.
Non per nulla Paolo ai Filippesi e dunque a noi richiama: "La nostra cittadinanza è nei Cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore nostro Gesù Cristo". Perdere l'attesa, l'attendere come essenziale alla vita è implodere sulla nostra istintività, affidarci alla legge della forza, del sospetto, della difesa e dell'attacco. È perdere l'essenziale del nostro diventare uomini che per noi è diventare cristiani. La legge del "tutto e subito", la legge "prima io poi gli altri" porta inevitabilmente allo sfruttamento o all'essere sfruttati, alla prepotenza o alla solitudine amara per l'ingratitudine, al diritto senza doveri, alla libertà privata di responsabilità, alla tristezza di una pianura senza ricambio d'aria.
Abbiamo bisogno del Monte, di salirci nel cammino quaresimale per ricuperare l'altra parte di noi che buca il cielo, scopre con meraviglia la voce di Dio, la presenza di Cristo, il modo nuovo di guardarci e scoprirci fratelli. Davvero la Quaresima è tempo favorevole nel quale lasciarci riconciliare con Dio, lasciarci incontrare da Cristo. Questo "passaggio" è la nostra Pasqua perché è il Passaggio di Dio in Cristo per noi.

17/3/19

Letture: Gn 15,5-12.17-18; Sal 26; Fil 3,17-4,1; Lc 9,28-36


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don Ezio Stermieri
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