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18/4/19 - Giovedì Santo - "in Coena Domini"


Prime Comunioni

"Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine". Così abbiamo appena udito dall'evangelista Giovanni. E subito il pensiero corre là a Gerusalemme, nel Cenacolo dove la testimonianza dei secoli ci attesta che è avvenuto quanto come memoriale stiamo vivendo. In quel cenacolo siamo nati. È nata la Chiesa che il Risorto invia la sera di Pasqua per essere continuatrice di perdono. Lì, aperte le porte a Pentecoste, gli Apostoli, usciti, han dato inizio al linguaggio del Vangelo che ogni lingua potrà far suo. Nel cenacolo è nato il sacerdozio della nuova alleanza che ha coinvolto nel servizio la mia vita. Ancora lì, alla vigilia della sua passione, Gesù ci lascia il comandamento nuovo: da questo conosceranno che siete miei discepoli, dall'amore vicendevole, e l'altro suo comando: fate questo in memoria di me. Da quel momento l'Eucaristia ci fa Chiesa e come Chiesa facciamo l'Eucaristia. Alla mensa aggiungiamo questa sera i nostri piccoli che al desiderio di Gesù di fare Pasqua aggiungono il loro desiderio di riceverlo come Cibo che fa diventare grandi come Lui.
Giovanni ci ha raccontato che cosa è successo. Ha lavato i piedi, gesto di accoglienza, di amicizia, di servizio. Ha cambiato l'agnello prescritto per fare Pasqua con il suo corpo perché la vita diventi esodo, cammino deciso verso la libertà, verso la vita abbondante di quando saremo per sempre con Lui, risorti con Lui risorto. Il vino che rallegrava l'avvenuta liberazione diventa il suo sangue che si unisce al nostro vincendo i batteri di morte che rendono triste la vita, inevitabile il morire e infondendo passione per la vita in ogni sua età, situazione, gioia o difficoltà. L'ha ricordato San Paolo ai primi cristiani e lo ripete per noi: "Ogni volta che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga". Da quel cenacolo, che diventa oggi e ogni domenica la nostra chiesa, il trovarci qui convocati dal Signore, la vita del cristiano. Dire con la vita che non siamo degli sconfitti, dei perdenti, dei divisi, dei condannati a morte. Annunciamo che quella sera, questa sera Gesù, il Figlio, si è caricato di ogni nostra disfatta, della stessa morte perché con il respiro del suo Spirito guardiamo con fiducia la vita, con amicizia ogni uomo, con coraggio le difficoltà, con speranza il breve segmento della nostra esistenza. Il suo passare attraverso la nostra morte diventa la sconfitta di ogni mortificazione.
Nasce la vita cristiana fino al suo ritorno: finché Egli venga. Venga ora ed egli viene proprio attraverso la comunione con ciascuno; egli viene nelle nostre case, nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nei giorni di riposo e di fatica. Viene nel mondo con una Parola bella e buona e quella parola più che i nostri testi sacri siamo ognuno di noi. Dove entra un cristiano che ha fatto una cosa sola con Gesù entra la vita, entra la gioia, entra la benevolenza, entro la festa. E questo fin quando Egli verrà e specchiandoci in Lui vedremo quanto ora facciamo fatica a credere. Capiremo vedendo Lui che davvero Dio ci ha fatti a sua somiglianza, capaci di generosità, di bontà, di gratuità. Constateremo che tutto nella vita era suo dono e per il nostro bene. Udremo la parola definitiva sulla nostra vita proprio come Gesù ha detto: ci farà entrare, ci metterà a mensa ed Egli stesso passerà a servirci la pienezza della vita. Non potevano fare dono più grande i genitori a questi bambini del far conoscere Gesù; insegnar loro a frequentarlo, aiutarli a vivere questo momento che non segna uno dei tanti momenti della vita ma racchiude il senso pieno e definitivo della vita stessa: ora a mensa con il Signore, il più sovente possibile a nutrirsi di Lui, fino a quando lo stare a mensa con il Signore sarà la nostra gioia eterna.

18/4/19

Letture: Es 12,1-8.11-14; Sal.115; 1 Cor 11,23-26; Gv 13,1-15


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don Ezio Stermieri
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