PARROCCHIA SS. ANNUNZIATA - VIA PO, 45 - 10124 TORINO - TEL. 011 817 14 23

orario messe - orario confessioni - orario ufficio

HOME

19/5/19 - V Domenica di Pasqua anno C


La pericope giovannea or ora ascoltata ci porta diritti al cuore della Pasqua che la Chiesa celebra come l'inizio di un mondo, di una creazione, di una storia nuova. “Ora il figlio dell'uomo è stato glorificato e Dio è stato glorificato in Lui”... Questa parola: gloria, glorificare racchiude in sé ed apre al senso del tutto. Vuol dire rivelazione, comunicazione piena, ultima di tutto quanto, di Dio, possiamo comprendere ed accogliere. Nel Figlio dell'uomo, in Gesù Dio ha rivelato tutto di sé per noi e in Gesù noi comprendiamo il tutto dell'amore di Dio per noi. Gesù fa questa affermazione poche ore prima di essere tradito, rinnegato, venduto, flagellato, crocifisso. Paradossalmente, la Croce, il Crocifisso è lo spettro massimo della gloria, del rivelarsi e comunicarsi di Dio. È dunque il punto più alto della bellezza e della bontà di Dio. Per noi, di cultura dualista che separa il bello, il buono, dal brutto e cattivo facciamo fatica a comprendere il dono che costa sacrificio, rinuncia, farsi carico, sostituirsi alla pena di un altro e preferiamo pensare che l'amore consista nell'uscire da sé per sfamare il bisogno di essere amati più che definire "bellezza" l'amore di un padre, di una madre, di uno sposo o sposa, di un amico che ritenga un onore, una "gloria" dunque pagare di persona.
È la bellezza dell'amore gratuito sia esso quello di Dio per noi e quello che brilla in tutta la sua bellezza nei rapporti umani che stanno oltre, il consumo, l'interesse egoistico, il bisogno... ma sono vera e propria tracimazione d'amore. Allora comprendiamo le parole dette da Gesù subito dopo: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri". E il segno di riconoscimento di un cristiano, di una comunità cristiana, "da questo conosceranno che siete miei discepoli", sarà dunque l'amore vicendevole. Oggi, la società, la cultura, come è stato fin dall'inizio nei primi passi della fede raccontati negli Atti, il camminare di città in città più che per diffondere verità di dottrina e conseguenze sul piano etico, erano per "riferire tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro" e come attraverso il riversare l'amore di Dio, riflesso nella comunità, "avesse aperto ai pagani la porta della fede".
Ora tocca a noi specchiarci, come leggiamo nell'Apocalisse, nel "cielo nuovo e la terra nuova, nella Gerusalemme nuova che scende dal Cielo, pronta come una sposa adorna per il suo sposo". Tocca a noi essere la tenda di Dio con gli uomini. Asciugare ogni lacrima, aprirci ai tanti scenari di morte, di lutto, di lamento e di affanno. Essere la primizia di un modo di essere uomini, donne, gente che, non a parole, ma con lo stesso amore che Dio si è rivelato in Gesù Crocifisso, la nuova bellezza e bontà: "Le cose di prima sono passate". Ce lo chiede una umanità impaurita, tentata, per bisogno di sicurezza, di rinchiudersi nel proprio io, pronta anche a rinunciare a valori, mete comuni da raggiungere, ad un vivere sociale costato lotte e sacrifici condivisi. Ce lo impongono l'imbarbarimento dei rapporti sempre a scapito del più debole, del più povero, dell'indifeso, sia esso bambino, vecchio, precario, chiedente un pezzettino di suolo per ritornare a guardare negli occhi i propri figli.
La Chiesa deve rimanere a far fronte, a ritrovare la bellezza di essere crocifissa per amore come il suo Signore per essere garante di risurrezione. Dobbiamo sentire come vere e come nostre le parole or ora ascoltate: "Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose»". E noi con Lui e per Lui. E noi per ciascuno degli uomini che Dio ha amato fino alla fine. È questa la nostra bellezza, la nostra verità prima, l'etica irrinunciabile.

19/5/19

Letture: At 14,21-27; Sal 144; Ap 21,1-5; Gv 13,31-33.34-35


Torna alla pagina iniziale
Visualizza tutte le omelie


don Ezio Stermieri
Le omelie