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L'evento pasquale che ha la sua massima espressione sorgiva nel Cenacolo di Gerusalemme, dove l'amore di Dio comunica pienamente se stesso nel dono della vita da parte del Figlio Gesù che prolunga la salvezza nella storia nel suo corpo e nel sangue versato, Cenacolo dove il dono dello Spirito apre ai tempi nuovi di un nuovo popolo di Dio, la Chiesa che prolunga fino al suo ritorno il memoriale del suo sacrificio… ha il suo pieno riconoscimento oggi, in ogni chiesa, divenuta Cenacolo dove la comunità cristiana nella celebrazione del "Grazie" ritrova la sua sorgente e il suo estuario: per voi e per tutti. Già le prime comunità cristiane, come attesta Luca nel brano evangelico ascoltato, risalivano alla memoria di Gesù Missionario itinerante del Padre per annunciare il Regno di Dio, il Vangelo, che chiede ai discepoli di non licenziare la folla: "Voi stessi date loro da mangiare". Che cosa si domandarono visto il poco che avevano e il poco che erano? L'esperienza vissuta guardando a Gesù: "Prese i pani, alzò gli occhi, recitò la benedizione…" diventa il paradigma con cui la Chiesa dona il Pane che è Cristo per la vita del mondo.
Questo "sacrificio", sacrum facio, riempio la vita della sua Santità, della sua Alleanza, attraversa tutta la storia del popolo eletto, fin dai primordi, come ci ricorda il libro della Genesi, quando Abramo incontra Melchisedek, sacerdote del Dio Altissimo, che prende dalle mani di Abramo le decime, l'offerta delle primizie della vita ed offre a Dio pane e vino e rinnova la benedizione e rafforza contro ogni nemico e assicura di generazione in generazione un'alleanza eterna.
Sarà San Paolo a ricordare ai primi cristiani e a noi: "Ogni volta che voi mangiate questo pane e bevete al calice, annunciate la morte del Signore, finché Egli venga". Annunciamo dunque il compimento dell'alleanza per noi e per tutti: in Cristo, Dio prende su di sé la nostra morte, la nostra disobbedienza, i tradimenti derivanti dalla presunzione di salvarci da soli, perché, liberi, camminiamo nella storia, resi forti dalla sua Presenza che nutre e disintossica dalla paura di essere vagabondi senza meta, senza attracco, senza patria. È quanto la Processione del Corpus Domini vuole significare in modo plastico e realizzato.
Non abbiamo altro come comunità del Signore da trasmettere, proprio come dichiara Paolo: "Io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta ho trasmesso". Quanto ha fatto Gesù diventa il perché della sua venuta e il perché della presenza cristiana nel mondo: "Questo è il mio corpo che è per voi; fate queste in memoria di me".
Tutto della vita cristiana, ogni sacramento, conduce all'Eucaristia: essere battezzati, cresimati, perdonati, ordinati, sposati, uniti dall'olio che fortifica è per trovarci raccolti dal Risorto attorno al suo altare, e tutto riparte dall'Eucaristia: la Chiesa sacramento di unità, di riconciliazione, di testimonianza, di servizio, di amore, di destinati alla vita eterna. Il "per tutti" di Gesù non si chiude però in una unità separata dal mondo. Anzi meglio vediamo e condividiamo lo sforzo di recuperare la vera immagine dell'uomo, l'affanno bisognoso di uno spirito che non deluda affondando in ideologie contrapposte, un amore che sappia di fedeltà e sincerità, l'aiuto per chi è debole o resta indietro, il servizio di ognuno per un domani sicuro. A questo mondo possiamo dire: "È di Cristo che hai fame e sete". Anche perché ha dato la vita perché la tua vita lo possa incontrare ed essere salvata.
23/6/19
Letture: Gn 14,18-20; Sal 109; 1 Cor 11,23-26; Lc 9,11-17