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6/10/19 - XXVII Domenica t.o. anno C


Unzione degli infermi

Le poche righe del Vangelo di Luca or ora ascoltate sono così vicine e illuminanti il momento che stiamo vivendo da doverne subito depositare il senso nella nostra quotidianità. Stiamo vivendo un sacramento. Parola inerente l'alleanza di Dio-uomo in Gesù, vicinanza a cui Dio non si sottrae. Il sacramento, un tempo, uno spazio della vita nel quale si fa posto al Santo, è l'olio degli infermi. Che farne dell'invecchiare, della salute che vacilla, della malattia, della sofferenza? Da sempre l'uomo tenta di esorcizzare il male. Gesù dice: unisci le tue sofferenze alle mie, offrile per i tanti dolori, limiti, ingiustizie che affliggono l'umanità ed io ne farò strumento di salvezza. Così Dio unisce a sé la vita che nasce nel tempo, la determinazione di vivere nel suo Spirito, la fedeltà di un uomo e una donna che si amano, la volontà del cambiar vita, la decisione di fare di Cristo la ragione di un'intera esistenza e anche, dunque, l'ineliminabile tempo della sofferenza.
Per fare questo gesto di offerta ed unione non basta il rito; esso è segno di qualcosa di più sincero e profondo, il dire degli Apostoli: "Accresci in noi la fede". Senza fiducia in Dio la prova fisica, psicologica, spirituale rimane un enigma, provoca il rifiuto, l'imprecazione, la depressione; con la fede, ciò che poteva essere occasione per sentirsi sconfitti, potenzialità contro l'impossibile: "Se aveste fede", potreste sradicare il negativo e trasformarlo in positivo, occasione per amare, ringraziare, infondere coraggio e perfino lasciarsi amare. Il momento della sofferenza, dell'invecchiare è poi occasione per una valutazione dell'intera esistenza. Gesù insegna che non si può passare la vita nell'attesa nella ricerca di essere riconosciuti, gratificati, ricompensati. Ciò porta a grosse delusioni! Né si può guardare all'oltre, alla vita eterna come ad un bancomat a cui andare a riscuotere.
La gioia, la ricompensa è nella vita stessa, nel concreto delle scelte, degli incontri, del lavoro, e dunque anche quando le forze, le opportunità vengono meno. L'ottimo è concludere dicendo: "Abbiamo fatto quanto dovevamo" e in questo fare abbiamo fatto crescere il nostro essere, siamo stati all'altezza di quanto ci è stato ordinato come chiamati alla vita. La vostra presenza in mezzo a noi dunque è quanto mai decisiva su una comune riflessione sulla vita e i valori che la sorreggono. Proprio come Paolo raccomanda a Timoteo: "Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio… Prendi a modello i sani insegnamenti che hai udito con la fede e l'amore".
Può in certi momenti sembrare di essere soli: "Fino a quando, Signore, – dice il profeta – implorerò aiuto e non ascolti?". In quei momenti sappiate di avere una comunità che attraverso i Ministri vi è accanto, vi porta la preghiera, la vicinanza, la familiarità di tutti noi. Anche in una parrocchia la tentazione dell'efficienza si affaccia, l'occuparsi di ciò che rende può prevalere. Ecco perché all'inizio di un anno pastorale mettiamo voi al centro. Voi siete le pietre preziose unite alla Croce attorno alla quale ci riuniamo, anzi ci riunisce il Risorto. La vostra sofferenza, la vostra preghiera, la vostra offerta è la testimonianza che i cristiani non maledicono di fronte alla prova. Si stringono a Cristo e ne fanno principio attivo di risurrezione.

6/10/19

Letture: Ab 1,2-3;2,2-4; Sal 94; 2 Tm 1,6-8.13-14; Lc 17,5-10


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don Ezio Stermieri
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